Credevo fosse l'ennesima bufala e invece, proprio oggi, ho scoperto che esistono davvero le prigioni per smartphone e che peraltro vanno molto di moda tra i giovani, soprattutto oltreoceano. Ma scopriamo di cosa si tratta...
Praticamente si tratta di una specie di gabbietta, dentro cui è possibile bloccare per un certo periodo di tempo il proprio smartphone, le console portatili per videogiochi o altri dispostivi nei cui confronti si è sviluppata una sorta di dipendenza. Non molto diverse da casseforti, queste "prigioni" per piccoli oggetti vengono azionate con dei timer, che rilasciano l'oggetto del desiderio solo dopo il tempo prestabilito.
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Può essere lo stesso proprietario dell'oggetto a sentire la necessità di affidarsi a questa "prigione" per arginare la propria dipendenza, ma in molti casi sono i genitori a comprare queste cassette ai figli, in modo che i giovani non abusino di social network o videogame.
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Eclatante, a tal proposito, è stato un episodio che ha visto come protagonista proprio una di queste prigioni per smartphone: una ragazzina statunitense ha avuto una crisi isterica dopo aver scoperto che, per errore, aveva bloccato il suo smartphone per ben due giorni nella "prigione". Il fratello, per farle uno scherzo, le aveva chiuso il telefono nella scatola per 40 minuti, ma nel cercare di estrarlo la ragazzina ha involontariamente aumentato il tempo a 48 ore.
Il relativo video, pubblicato su YouTube, fa capire quanto i giovani (e non solo loro, ahimè!) siano ormai completamente in balia di smartphone, tablet, console portatili e altri device elettronici