Il diritto all’oblio, inteso come diritto alla non diffusione di precedenti pregiudizievoli dell'onore di una persona, va garantito anche quando il soggetto può essere identificato tramite dati diversi dal nome e cognome.

Garante privacy: diritto oblio riconosciuto senza nome - Annotazione 2019-07-23 085727

Lo stabilisce il Garante della Privacy, pronunciandosi in merito al reclamo di un professionista, che aveva chiesto inutilmente a Google di cancellare un URL reperibile online digitando non il proprio nome, ma la sua qualifica di presidente di una cooperativa.

Il ricorrente, infatti, continuava ad essere ricordato sul web in relazione ad una vicenda non più attuale e non aggiornata, relativa ad un rinvio a giudizio avvenuto 10 anni prima, conclusosi con una sentenza definitiva di assoluzione. A detta dell'interessato, la permanenza in rete di quella notizia rappresentava un grave e irreparabile pregiudizio alla propria reputazione.

Ma Google non aveva voluto sentir ragioni e, invocando i principi fissati dalla Corte di Giustizia dell'U.E. nella cosiddetta sentenza "Google Spain" (sen. C-131/12 del 2014), aveva ritenuto inammissibile una richiesta di deindicizzazione per chiavi di ricerca che non includessero il nome e il cognome di una persona fisica.

Il Garante della Privacy, tuttavia, discostandosi dalla suddetta sentenza, ha ritenuto fondata la richiesta del professionista: sulla base del Regolamento europeo 2016/679 che definisce dato personale "qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile", ha concluso che l'URL che riportava la qualifica di presidente di quella determinata cooperativa si riferiva in maniera inequivocabile alla persona che aveva fatto reclamo. Da qui l'ingiunzione, rivolta a Google, di rimuovere tempestivamente l'URL oggetto della controversia.