In questa torrida estate, sulla scrivania di Zuckerberg è arrivata l'ennesima grana: per ragioni di sicurezza nazionale, l'FBI vorrebbe entrare in possesso di alcuni dati conservati dal social network. Tuttavia, se Facebook fornisse agli agenti federali queste informazioni, violerebbe l'accordo sulla privacy raggiunto con le autorità americane a fronte del pagamento di una maxi multa da 5 miliardi di dollari.

FBI chiede dati Facebook ragioni sicurezza nazionale. privacy fine fa? - Annotazione 2019-08-09 154311

Che fare quindi? Facebook ora si trova in un cul-de-sac: se da una parte si scotta, dall'altra si brucia. Volendo bilanciare tra loro due esigenze contrapposte, bisogna chiedersi se sia più importante la sicurezza di un'intera nazione o la privacy dei singoli utenti. E quali sarebbero le conseguenze per Facebook se si comportasse in un modo anziché nell'altro?

Ma vediamo nel dettaglio come si sono svolti i fatti.

Come riportato dal Wall Street Journal, da un mese a questa parte il Federal Bureau of Investigation (FBI) sta sollecitando proposte da fornitori esterni per concludere contratti aventi ad oggetto l'estrazione di grandi quantità di dati da Facebook, Twitter e altri social media. Alla base di questa attività vi sarebbe la necessità di "identificare in modo proattivo e monitorare in modo reattivo le minacce agli Stati Uniti e ai suoi interessi".

La richiesta, avanzata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, è stata formalizzata alcune settimane prima che una serie di sparatorie scuotessero il paese, inducendo il presidente Trump a chiedere anche ai social network di fare tutto il possibile per individuare potenziali minacce alla sicurezza del Paese. In altre parole, il Presidente vorrebbe che i social media diventassero partner del Governo in questa attività di sorveglianza.

Tutto ciò è surreale, se non addirittura grottesco. L'approccio del Governo statunitense, infatti, non avrebbe potuto essere più incoerente, per non dire schizofrenico: prima ha punito Facebook con una multa da 5 miliardi di dollari per aver violato la privacy degli utenti; poi, a distanza di qualche giorno, ha progettato di archiviare tutti i messaggi degli americani in un database a scopo di monitoraggio.

Decisioni così contrastanti tra loro non possono che generare incertezza. Inoltre, servirsi dei social network per sorvegliare potenziali criminali è come cercare un ago in un pagliaio: un tale sistema di monitoraggio, infatti, produrrebbe una miriade di falsi positivi, con il rischio di scambiare una battuta scherzosa postata da un utente nella rivendicazione o nell'annuncio di una strage. Inoltre, è a dir poco ridicolo che un apparato di sicurezza nazionale come quello degli Stati Uniti pensi di contrastare il terrorismo facendo affidamento ai social network.

Ci auguriamo che questo bizzarro progetto, ideato sull'onda emotiva suscitata dalle stragi avvenute nelle scorse settimane, venga presto accantonato.